Vegetazione dell'Isola del Giglio
La vegetazione del Giglio è composta prevalentemente da macchia mediterranea in vari stadi di evoluzione.
Ad oggi sono state classificate oltre 700 differenti specie di piante, ma prima della formazione di insediamenti umani erano
probabilmente molto meno numerose, in quanto l’isola era costituita prevalentemente da foreste di lecci. Infatti, osservando l’isola dal Monte Argentario il funzionario dell’impero romano Rutilio Namaziano nel suo “De Laudibus Urbis, Etruria et Ilaliae” (ca. 416 d.c.) scrisse “Eminus Igilii silvosa cacumina miror…” ovvero “Ammiro da lontano le cime boscose del Giglio.…
Ma nel corso dei secoli molti fattori hanno condizionato la vegetazione dell’Isola: lo sviluppo dell’agricoltura, con la messa a coltura di aree pianeggianti o rese tali con opere di terrazzamento, l’allevamento e gli incendi hanno alterato l’ambiente naturale e provocato la scomparsa di gran parte di questa vegetazione, e già alla fine del 1800 mappe austriache mettono in evidenza un’isola quasi priva di vegetazione naturale. Dagli anni ’60 in poi, il passaggio da un’economia agricola al turismo sta favorendo la lenta ricostituzione della vegetazione naturale e oggi il Giglio si presenta decisamente più verde di un secolo fa.
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Principali fasi evolutive della macchia mediterranea
Macchia alla leccio: questa macchia è molto alta e talora diviene un vero bosco di leccio: rappresenta lo stadio maturo (o climax) della vegetazione mediterranea. E’ caratterizzala da lecci e sughere (Quercus ilex e Q suber), insieme ad arbusti quali erica arbora (Erica arborea) e corbezzolo (Arbutus unedo), rampicanti quali caprifoglio (Lonicera implexa), strappabrache (Smilax aspera), robbia (Rubia peregrina), e piante erbacee quali ciclamini (Cyclamen repandum e Cyclamen neapolitanum). Tale formazione si osserva sul Promontorio del Franco lungo la costa occidentale a sud di Giglio Campese, oltre che sul versante est di Poggio del Castello e nella Vallata del Molino dove nasce la Sorgente Acqua Selvaggia, la quale ha reso possibile dal XII secolo ‘insediamento oggi denominato Castello.
Altre formazioni di macchia: rappresentano gli stadi inferiori di evoluzione verso il climax della foresta mediterranea sempreverde (lecceta). Perciò in alcune macchie la presenza di specie del genere Quercus (leccio e sughera) è sporadica e si accompagna a piante arbustive quali erica, corbezzolo, fillirea (Phillirea variabilis), lentisco (Pistacia lentiscus), alaterno (Rhamnus alaternus), mirto (Myrtus communis), tino (Viburnum tinus), ginestra (Spartium junceum) e altre di minore diffusione. E’ composta da specie a portamento quasi arboro, con chiome che raggiungono al massimo i 1 metri d’altezza ed è possibile osservarla sul versante orientale dei Castellucci e lungo la strada della Calbugina. Sull’isola è inoltre presente “la macchia a cisto“, macchia bassa composta da cisto marino (Cistus monspeliensis), cisto rosa (Cistus incanus) o cisto femmina (C. salvifolius) e la “macchia a ginestra pelosa” (Calicotome villosa).
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Da un punto di vista dinamico ed ecologico le garighe rappresentano per lo più uno stadio involutivo di estrema degradazione delle macchie in seguito a fattori quali aridità, rocciosità del suolo, crosione del suolo, sovrappascolamento, incendi, disboscamento, e la sua presenza diffusa può essere un indice di desertificazione in ambiente mediterraneo. Le garighe sono costituite da arbusti bassi che al massimo raggiungono 1-1,5 metri, ma in genere inferiori ai 50 cm: piante aromaliche come l’elicriso (Helicrisum italicum), il camedrio femmina (Teucrium fruticans), la lavanda selvalica (Lavandula stoechas), il rosmarino (Rosmarinus officinalis), l’assenzio arbustivo (Artemisia arborescens), carallerizzale da vari adattamenti per resistere alla siccità.
Prateria steppica ed altre formazioni minori: sull’isola è possibile trovare esempi di steppa a stipa (Stipa capensis) e steppa a Frankenia (Frankenia pulverulenta), mentre in vaste zone del Giglio, specialmente sui rilievi come il Poggio della Pagana è presente la prateria a Brachipodio (Brachypodium plukeneti), che forma densi tappeti. In cima a questo stesso poggio è visibile anche il cipollaccio di Granatelli (Gagea granatell), endemico del Giglio, riferito alla varietà. Al Giglio si possono scorgere anche “pratelli di erbe annue” rappresentati da bromeli e occasionalmente. in corrispondenza di piccole depressioni su suoli superficiali ricchi di sabbia, “pratelli umidi temporanei”.
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Coltivi e pinete hanno comportato l’eliminazione della vegetazione naturale.
Vigneti e Orti
Fino a pochi decenni fa su quasi l’intera superficie dell’isola crano visibili terrazzamenti con muri a secco di granito (localmente chiamati “greppe“), alcuni dei quali sono ancora coltivati a orti atti a soddisfare il consumo famigliare, a olivi e a viti per produrre il vino gigliese (prevalentemente ansonaco). Attualmente, la maggior parte dei terrazzamenti è stata tuttavia abbandonata e si è innescato il lento processo di colonizzazione della macchia mediterranea. Mentre la produzione al Giglio un tempo era abbondanlissima e esisteva una florida esportazione, con arrivo del turismo è stata abbandonata non solo l’agricoltura ma anche la viticoltura. Oggi poche persone all’Isola del Giglio curano i loro piccoli vigneti, anche se negli ultimi anni si è assistito ad una grande ripresa e ad una valorizzazione della produzione vitivinicola.
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Pineta
Negli anni cinquanta e sessanta le pendici del Poggio della Pagana, del Vecchio Faro e del Poggio delle Serre sono state rimboschite con pini domestici (Pinus pinea) e marittimi (Pinus pinaster). Sono sempreverdi, a rapido accrescimento e gradevoli alla vista, ma portano ben pochi benefici a parte limitare l’erosione con una fila copertura di aghi caduti al suolo. dove non cresce praticamente niente, a parte qualche cisto e lentisco.
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